Il contratto a canone concordato è considerato uno strumento molto conveniente. Ma è davvero così? Diamo qualche cifra.
Il contratto a canone concordato emerge come una delle opzioni più convenienti e agevolate per inquilini e proprietari. Questo tipo di affitto, regolato da accordi territoriali, stabilisce il canone sulla base di specifiche organizzazioni edilizie e dei conduttori, rappresentative sul territorio. Tuttavia, per potervi accedere, è necessario che ricorrano determinati requisiti. Scopriamo insieme se questa formula sia davvero così conveniente.
Per chi pensa di poter usufruire di questa formula, va precisato che ci sono dei requisiti da rispettare, come la stipula del contratto tra persone fisiche e l’esclusione degli immobili di categoria catastale A/10.
L’applicazione del regime della cedolare secca deve essere comunicata al momento della registrazione del contratto, mentre è necessario inviare una raccomandata al conduttore per comunicare l’applicazione del regime a canone concordato e la rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione. Un requisito preliminare e fondamentale è che l’immobile deve trovarsi in un comune ad alta densità abitativa. Ma entriamo nel dettaglio, dando qualche cifra.
Contratto di affitto a canone concordato: conviene davvero?
Una delle distinzioni principali di questo tipo di contratto è la sua durata. I contratti a canone concordato solitamente seguono una formula 3+2, permettendo alle parti di decidere dopo i primi 3 anni se proseguire per altri 2 anni o interrompere il contratto con sei mesi di preavviso. In mancanza di comunicazione per la disdetta, si procede automaticamente al rinnovo per ulteriori due anni.
Le varie tipologie di contratto che possono adottare il canone concordato includono quelli standard 3+2, contratti di affitto per studenti con durate da 6 a 36 mesi e affitti brevi da 1 a 18 mesi. Per i proprietari, ci sono vantaggi fiscali significativi legati al regime di tassazione. La scelta della cedolare secca al 10% può sostituire il pagamento di imposte come bollo, registro e relative IRPEF.
In alternativa, optare per il regime IRPEF consente una riduzione del reddito imponibile del 30%, con un’imposta di registro pari al 2% del 70% dell’importo del canone. Inoltre, ci sono riduzioni della base imponibile per IMU e TASI, con la possibilità per i comuni di ridurre l’aliquota sugli immobili che aderiscono al contratto a canone concordato.
Per gli inquilini, le agevolazioni fiscali includono la possibilità di stipulare un contratto con un canone di affitto calmierato e detrazioni fiscali in base al reddito, che variano da €495,80 per redditi inferiori a €15.493,71 a €247,90 per redditi inferiori a €30.987,41. Inoltre, c’è la possibilità di optare per il regime di cedolare secca al 10%.