L’assegno di inclusione ha finora avuto un impatto poco positivo: solo un richiedente su due ha ottenuto quanto sperava.
Il malcontento è già evidente, sia a livello sociale che economico. Nessuno, in realtà, si aspettava che la misura assistenziale introdotta dal Governo Meloni per sostituire il Reddito di Cittadinanza potesse accontentare tutti gli ex percettori del sussidio voluto dal Movimento 5 Stelle. Gli effetti sostanziali della misura appaiono però ancora più deludenti rispetto a quanto preventivato.
C’è da dire che la stessa Meloni aveva chiarito da subito che l’assegno di inclusione sarebbe stato qualcosa di completamente diverso rispetto al RdC. L’aiuto economico sarebbe arrivato a molte meno persone, escludendo di fatto tutti i contribuenti con meno di 60 anni non disabili.
Per la normativa, il nucleo familiare del richiedente deve avere un ISEE non superiore ai 9.360 euro o un reddito familiare inferiore ai 6.000 euro moltiplicato per il parametro di scala di equivalenza. I nuclei familiari devono poi avere almeno un componente che sia disabile, minore o con più di 60 anni di età.
A quattro mesi dal suo esordio, l’assegno di inclusione ha già deluso tantissimi italiani. E questo al di là dei più stringenti requisiti reddituali e formali necessari per ottenere il sussidio. La copertura dell’aiuto è forse troppo bassa? Questo potrebbe essere un problema, ma a far davvero la differenza sono la questione dell’accessibilità e l’importo.
In media, su ogni due richiedenti, l’assegno di inclusione è arrivato a meno di uno. Ciò significa che l’INPS ha respinto più del 50% delle domande di accesso all’aiuto. Ma anche i fortunati a cui l’assegno è arrivato non sono così contenti. L’importo dell’assegno non appare infatti sufficiente a coprire le necessità delle persone che vivono una situazione di disagio economico.
In pratica è impossibile dire che l’assegno di inclusione, spettato a meno di un richiedente su due, stia davvero rappresentando una misura di sussidio contro la povertà o di contrastato l’esclusione sociale. Sommando gli stanziamenti dello stato per assegno di inclusione e supporto per la formazione e lavoro si ottiene un costo totale assai inferiore a quello del Reddito di Cittadinanza (che è costato all’Italia fino a 600 milioni al mese).
A fare la differenza sono le verifiche più severe e selettive da parte dell’INPS. Ciò significa che le domande accettate sono poche e i beneficiari dell’assegno di inclusione, dopo più di quattro mesi dal suo avvio ufficiale, sono meno di 600.000 in tutta Italia.
I numeri sono chiari: all’INPS sono pervenute, da dicembre a gennaio, più di 1,2 milioni di domande per l’assegno di inclusione. Ma finora sono state accettate solo 590.000 richieste. Le domande per l’assegno già respinte dall’istituto sono al momento più di 385.000. A fine marzo, risultavano quasi 50.000 pratiche in lavorazione.
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