Attenzione al documento di fondamentale importanza quando si effettuano lavori in casa. Si rischiano sanzioni salatissime.
Decidere di avviare una serie di lavori all’interno o all’esterno della propria abitazione implica la dettagliata conoscenza di tutte le procedure che li regolamentano e che devono essere seguite scrupolosamente. A seconda del tipo di intervento sull’immobile vi sono infatti una serie di obblighi ai quali non è possibile sottrarsi dal momento che vanno a certificare la regolarità delle varie attività che verranno svolte sia in fase di apertura cantiere che nel corso del progetto.
Sia che si tratti di cantieri pubblici che privati, le regole devono essere rispettate per evitare di incorrere in sanzioni che potrebbero raggiungere cifre stellari. In tale contesto è bene non dimenticare un documento di primaria importanza: non averlo potrebbe costarvi fino a 5000 euro di multa.
Quella che andiamo ad affrontare in questo articolo è una novità che va a sommarsi alle procedure già in essere relative ai cantieri aperti per la sistemazione di un immobile. La prevede il Decreto 1° maggio approvato pochi giorni fa dal Consiglio dei Ministri, dal quale emergono tutta una serie di cambiamenti. La finalità alla base è quella di contrastare il lavoro nero in un momento storico nel quale sono moltissimi, anche in virtù di bonus e detrazioni, i cantieri per ristrutturazione di immobili avviati in Italia.
Ebbene il documento in questione è legato all’obbligo di certificare la congruità della manodopera ovvero quanto il lavoro incida sui costi complessivi. Questo adempimento, al fine di poter beneficiare delle detrazioni, è obbligatorio ma ad oggi per chi non era in regola non erano previste sanzioni (ad eccezione dei lavori pubblici per oltre 150mila euro e di quelli privati in misura superiore ai 500mila euro).
Il limite oltre il quale scattano le sanzioni è stato di fatto abbassato: : ora in mancanza del documento che attesta la congruità dell’opera si rischia in tutti i cantieri edili privati o pubblici il cui valore è superiore a 70mila euro, ampliando in tal modo il bacino degli interessati. E la multa può partire da 1000 per arrivare, nel peggiore dei casi, fino a 5000 euro. La novità rientra in quanto previsto dal decreto Pnrr e dalla relativa legge di conversione pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 30 aprile scorso.
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